Come al solito... In ritardo.

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    i5O2NAN " Un altra mattinata... Un'altra giornata infernale. " Questo fu il pensiero di Anthony mentre stava correndo per i corridoi imprecando contro sè stesso per non essersi svegliato in tempo.
    Ormai era qualche settimana che... non sognava, ed il mattino dopo si ritrovava ancora più sfinito, dolorante e con ancora tanta voglia di dormire. Questo poteva andare bene finché stava a casa da solo, senza far nulla... Ma adesso era un disastro.
    Non era passata neanche una settimana da quando la scuola era iniziata e già adesso compieva il primo ritardo... Si sentiva pieno di vergogna. Se fosse stato lì il padre lo avrebbe sicuramente sgridato. O peggio... Avrebbe suonato la campanella. Il ragazzo si fermò un attimo in mezzo alle scale per far scorrere il brivido lungo la schiena.






    Scusa se non ho messo subito il role scheme, poi farò un edit dove metto tutto per bene >x<


    Edited by =Dexter G. Green - 6/10/2015, 22:48
     
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    SCARLETT


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    i5O2NAN Spalanca gli occhi e sobbalza sul letto, come spaventata a morte da uno di quegli incubi che ti segnano come cicatrici sulla pelle e ti porti dietro per tutto il resto della giornata. Ma no, questa volta non si trattava di un incubo. - Dannato... - Chester le sta urlando nelle orecchie. Di nuovo. Con un movimento veloce e sgraziato della mano, si sfila dall'orecchio la cuffietta dell'mp3: ormai sono settimane che, per riuscire a prendere sonno, deve ricorrere alla musica, l'unica cosa che sembra tranquillizzarla. Non che abbia questi grossi problemi, ma nell'attimo esatto in cui il suo corpo si appoggia sul morbido materasso del letto, una specie di ansia ingiustificata inizia a soffocarla. La musica funge da terapia momentanea ma...
    - Dovrebbero dare un po di valium a quel ragazzo, com'è possibile che debba graffiarsi la gola ogni volta che fa un acuto! - Quando alla fin fine l'unica a cui serviva realmente del valium forse era lei.
    Spalanca la bocca in uno sbadiglio troppo profondo per essere placato. Riesce a vedere i raggi del sole filtrare attraverso le spesse tende che ricoprono le finestre della sua stanza, ed è li che si rende conto che, forse, Chester non aveva tutti i torti. Non è una ragazza che si possa definire "all'ultima moda", ma ci mette comunque una buona mezz'oretta prima di lavarsi, vestirsi, pettinarsi e... capire chi sia. Quella mattina è decisamente più svampita del solito. Si sta ancora infilando le scarpe quando arriva alla scalinata dei dormitori, il che rende ancora più complicata la discesa, ma l'equilibrio, per qualche assurda fortuna, è uno dei suoi punti forti. Saluta frettolosamente compagni e amici che incontra nei lunghi corridoi dell'accademia, sfoggiando il suo solito sorriso che, a detta di molti, riesce a rallegrare le giornate anche di chi, quella notte, ha fatto le ore piccole o ha ancora i postumi della sbornia.
    Parte "What I've Done" quando finalmente si decide ad aprire la porta dell'aula di matematica: mai canzone fu più azzeccata al momento. - Ma cosa diavolo ho fatto? Stamattina il cervello dove l'ho lasciato? - E' nel posto giusto, è sicura che la prima lezione di quella mattina sia matematica, e lo sapeva da circa... tre giorni? Ecco, allora per quale motivo il libro di matematica non si trovava nella sua borsa ma, con tutta probabilità, era riposto in maniera ordinata tra la pila di libri nella sua camera?
    Evita lo sguardo del professore già presente in aula: se c'è una cosa che Scarlett non sa proprio fare è mentire, le si legge in faccia, perciò spera con tutto il cuore di passare inosservata e raggiungere uno dei posti più imboscati possibili in fondo alla classe. Ne adocchia uno: in realtà sono due banchi nella fila centrale, perfetti per mimetizzarsi a dovere tra i compagni seduti davanti a lei. Sguscia velocemente tra le cartelle degli altri ragazzi, aiutata dalla sua esile corporatura. Una volta arrivata sana e salva alla postazione, si siede nel posto prescelto, e appoggia la borsa sul banco vuoto accanto a lei. - Ok, operazione completata con successo, ora... - si guarda intorno per rendersi conto che forse è l'unica ad essersi dimenticata il materiale - ...non rimane che sopravvivere per quest'ora -



     
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    i5O2NAN " Merda... Ho perso altro tempo." Risvegliatosi da oscuri ricordi, riprende il viaggio verso l'aula di matematica. Ora è in perfetto ritardo. Perfetto! continuava a ripetersi mentalmente. "Non sei stato..." In quel momento lui spalancò la porta dell'aula di matematica.
    Tutti gli sguardi si levarono verso di lui, esaltati di poter avere un attimo di respiro, nonostante la lezione non fosse nemmeno cominciata da dieci minuti. Stava ansimando. Non si era nemmeno accorto di aver corso per gli ultimi metri. Passarono alcuni secondi mentre il professore lo fissava. - beh.. Scnhee aspetta un permesso scritto per sedersi? - Dal fondo si sentirono degli sghignazzi dei ragazzi. Lui sentì quelle parole come lame. Si sentiva... disonorato. Farfuglio qualcosa come un "mi scusi" ma a voce veramente bassa. Si richiuse la porta alle spalle mentre si avvicinava con la testa china all'unico banco vuoto lasciato in tutta la classe. Buttò la borsa contro una delle gambe del banco con poco rispetto nei confronti dei materiali all'interno ed infine si sedette.Il professore riprese poi indisturbato la lezione come se nulla fosse accaduto, spiegando le formule matematiche che precedentemente aveva disegnato alla lavagna.
    Anthony aveva voglia di sbattere ripetutamente la testa sul banco. Giù di morale, prese il libro dalla borsa e lo appoggiò cautamente sul banco sperando di non fare altro casino. Poi si chinò di nuovo per recuperare il suo quaderno e la sua immancabile penna, finita, come al solito, nel fondo più estremo dello zaino.
    Gli mancava la matita ma non gli importava. A questa lezione avrebbe fatto a meno di disegnare.



     
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    i5O2NAN Respira. Dieci minuti, erano appena passati dieci minuti e ancora nessuno sembrava essersi accorto di nulla, professore compreso, anche se alla fin fine avrebbe potuto tranquillamente rubare uno dei libri dei compagni visto che nessuno sembrava essere realmente interessato alla lezione.
    Non era di certo una delle migliori studentesse dell'accademia, ma diciamo che se avessero dovuto consegnare un premio per l'impegno dimostrato, quello sarebbe andato a lei: non le dispiaceva la scuola in generale, aveva sempre studiato e si era sempre applicata, peccato quel piccolo problema di distrazio-...
    Alza lo sguardo appena sente scorrere e aprirsi la porta dell'aula. Ecco, si stava giusto parlando di distrazione. Da dietro di essa, fa capolino un ragazzo dall'aria leggermente confusa e affannata, ma non da l'impressione di essere uno di quegli studenti menefreghisti e pompati che arrivano di proposito in ritardo alle lezioni. Lo osserva avvicinarsi: non crede di averlo mai visto prima e, insieme alla sua strana ed esagerata espressione da cane bastonato, è questa la cosa realmente incredibile: in un solo anno passato nell'istituto, Scarlett conosce già metà degli studenti che stanno al suo interno (l'altra metà rientra nella categoria di sua invenzione denominata "GDPR", ovvero Gente Davvero Poco Raccomandabile"). Ne deduce che deve essere un novizio, e, con tutta probabilità, uno di quei ragazzi che ci tiene particolarmente a far vedere la sua presenza a lezione, tanto da infilarsi tra i primi banchi dell'aula quasi sempre lasciati vuoti. Può soltanto immaginare come si senta quel ragazzo oggi, costretto a sedersi tra gli ultimi banchi, dove solitamente si trovano le persone alle quali non può fregare nulla di ciò che dice il professore. Secondo quella superficiale definizione. anche lei sarebbe rientrata in quel gruppo di ragazzi, e poteva darne l'impressione già solo per l'assenza del libro di testo. Trattiene una risata nell'associare a lei l'immagine della studentessa sfaticata, e si limita spostare la borsa dal banco vuoto per far spazio al nuovo arrivato.
    Nonostante la goffaggine, è molto discreta, non le va di disturbarlo o farsi i fatti suoi, perciò riprende ad ascoltare il professore, almeno finchè il ragazzo non tira fuori dalla cartella l'oggetto dei suoi desideri.
    Si morde nervosamente il labbro, non sa come chiederglielo, o quale sia il modo più adatto per attirare la sua attenzione, ma in fondo non è una tipa che si fa molti problemi a iniziare rompere il ghiaccio. « Ehm... Pssst... Scusa... » si sporge leggermente dal banco per cercare di incrociare lo sguardo di lui « Non è che potrei seguire sul tuo libro? » Troppo sfacciata. Un'espressione leggermente supplicante appare sul suo viso, una di quelle che si adottano per chiedere scusa dopo che si è combinato qualche guaio.



     
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    i5O2NAN Diligentemente, Anthony si era subito messo a prendere appunti. Ma si fermò per sospirare. La lezione era davvero troppo noiosa, e questo argomento lo aveva già affrontato con i suoi professori di preparazione. Ora rimpiangeva di non avere la matita. Quei scacrabocchi sul quaderno in un certo senso lo hanno sempre rilassato, nonostante si sentisse strano per questo. Si sentiva come l'unico ragazzo a mettersi a disegnare durante una lezione, e per nascondere questa sua colpa si teneva sempre a portata di mano una gomma con la quale gli era sempre possibile cancellare i suoi "misfatti".
    Mentre era perso a seguire il suo filo logico di pensieri, la ragazza seduta accanto a lui, cui lui non aveva fatto caso, iniziò a chiamarlo. « Ehm... Pssst... Scusa... » Attirato dal richiamo, voltò lentamente lo sguardo verso di lei, quasi come fosse attaccato alla lavagna. « Non è che potrei seguire sul tuo libro? » Lei lo fissò per qualche attimo, come a voler rafforzare la sua richiesta. Era davvero carina... Per l'imbarazzo Anthony divenne leggermente rosso, ma era abiutato a controllare le emozioni, con un battito di ciglia cambiò espressione, doveva contenere le sue emozioni. Divenne serio, mettendo un sorriso un po' meno sentito. Infine, spostò il libro dal suo al banco a quello di lei. Dicendo a bassa voce - Si... Certo. Usalo pure. Tanto... - Si lasciò sfuggire un altro sospiro osservando la noiosa lezione. Suo padre sarebbe stato decisamente deluso da lui. - ... Non ne ho bisogno per oggi. - Staccò un pezzetto di carta dal quaderno, ed iniziò a fare una sorta di pallina di carta, che prese poi a rigirarsi tra le dita.
    Quel gesto racchiudeva in se mille pensieri, primo fra tutti: " Non ho bisogno delle altre persone. Tanto da domani tornerà tutto normale... Non mi rivolgerà più parola ed io potrò continuare la mia vita..."



     
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    i5O2NAN Blu come il cielo sereno, blu come l'oceano. Sono quelle le immagini che riesce a percepire negli occhi del ragazzo, ora con lo sguardo rivolto verso di lei. Rimani alcuni secondi ad osservarli, come fosse in preda ad una specie di allucinazione, come se stesse sognando ad occhi aperti qualcosa che di irreale ha ben poco. Sente quel profumo, quello che custodisce gelosamente nel cassetto del comodino, quello dentro la boccettina a forma di goccia e per metà vuota. E in un attimo riesce quasi a percepire il tocco delicato delle mani di sua nonna, accarezzarle i capelli.
    Scuote la stessa, venendo catapultata nuovamente nell'aula di matematica, e solo in quel momento si rende conto della figura da ebete che ha appena fatto. Segue con lo sguardo il libro scivolare sul banco, ascoltando le parole appena udibili del ragazzo.
    « Grazie, ma... non è necessario lo tenga soltanto io » gli sorride, stavolta in modo più naturale e senza imbarazzo « Possiamo seguire insieme, sarà anche meno noioso » strizza l'occhiolino come a fargli intendere che ha capito quanto il ragazzo si stia annoiando, anche se in realtà persino un cieco lo avrebbe dedotto, considerati i sospiri pesanti che uscivano dalla sua bocca.
    Solitamente non si ferma a fare conversazione durante le spiegazioni dei professori, soprattutto se si tratta di matematica, materia che le riesce difficile comprendere. E' più portata per quelle letterarie, i numeri e quel modo troppo schematico e limitativo di ragionare non fanno parte di lei, ma vede nel ragazzo, ora intento a giocherellare con una pallina di carta, una sorta di disinteresse, quasi fosse troppo facile quella lezione per lui. « Troppo semplice per uno come te? » azzarda, aggiungendo però un tono ironico e leggermente beffardo: non lo conosceva, ma magari andando a punzecchiare il suo orgoglio, avrebbe potuto riuscire a sbloccarlo. « Beh, beato te. Non importa quanto stia attenta o quanto cerchi di applicarmi. La matematica, per me, rimarrà sempre un'opinione » Si morde la lingua subito dopo aver pronunciato quella battuta infelice. - Scarlett...seriamente? - La realtà era che si sentiva come un blocco, un muro di cemento altissimo che non sapeva bene come aggirare o scavalcare; non ci era abituata, ma sfondarlo, poteva essere il nuovo obbiettivo della giornata.





    Scusa, ho sonno cxc
     
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    i5O2NAN Con aria stupita Anthony continuava a fissare la ragazza. Voleva davvero intrattenere una conversazione con lui? Voleva davvero sacrificare dell'importante tempo di spiegazione per conoscerlo. Si sentiva lusingato ed imbarazzato ma sopratutto... Non aveva idea di come replicare. Non era abituato a questi meccanismi sociali. Si limitò così ad annuire educatamente con la testa e avvicinare la sedia alla sua. Mettendosi più vicino a lei.

    « Troppo semplice per uno come te? » Disse lei in tono scherzoso. « Beh, beato te. Non importa quanto stia attenta o quanto cerchi di applicarmi. La matematica, per me, rimarrà sempre un'opinione » Aggiunse poi subito dopo. Il ragazzo guardò prima la lavagna poi il libro, ed infine di nuovo la ragazza. Poi, con tono ingenuo rispose: - beh... ma se dico che 2 + 2 fa quattro non dovrebbe essere così per tutti? Se qualcuno dicesse non concordasse con me poi sfocerebbe nella filosofia non credi? -
    Ebbene... Questo nella sua testa faceva ridere. Fissò sorridendo la ragazza sorridendo per qualche secondo... Non era abituato a conversare con altre persone, figurati con una bella ragazza. Già da adesso sentive le sua chance con lei (Anche solo di diventarle amico) azzerarsi.



     
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    i5O2NAN Il ragazzo continua a guardarla con aria stupita, tanto che per un attimo Scarlett teme di aver qualcosa di visibilmente strano in volto. Cercando di non rendere il gesto troppo esplicito, si passa il dito sotto gli occhi per poi fissarlo con tremenda paura: niente, il trucco non sembra essere sbavato facendola assomigliare ad un panda. E' sicura di essersi pettinata la folta chioma cremisi prima di uscire, perciò dovrebbe essere tutto nella norma. Ma allora perchè quell'aria stupita?
    Doveva ammetterlo, non aveva mai provato, fino a quel momento, ad interagire con qualcuno di così chiuso: era vero, non aveva molti problemi di comunicazione, ma si era sempre rapportata con persone che, un minimo, sembravano essere interessate almeno quanto lei a fare conoscenza.
    Ma quella circostanza sembrava essere diversa, e spiazzava persino una come lei. Eppure c'era qualcosa, un qualcosa che andava al di là del semplice chiacchierare perchè la lezione era troppo noiosa. Un qualcosa che la intrigava e che le suggeriva di continuare a tentare, per quanto difficile poteva essere.
    « beh... ma se dico che 2 + 2 fa quattro non dovrebbe essere così per tutti? Se qualcuno dicesse non concordasse con me poi sfocerebbe nella filosofia non credi? » Rimase alcuni secondi a fissare il ragazzo, per poi scoppiare in una silenziosa risata: l'aveva presa davvero sul serio? Era chiaro che il ragazzo si era trovato poche volte a parlare con le altre persone, e probabilmente non era abituato a battute del genere - soprattutto quelle penose di Scarlett -
    « Hey, era solamente una battuta! » tira un profondo respiro nella speranza di smettere di ridere, o rischiava di farsi sentire dal professore che, non solo l'avrebbe ripresa per le chiacchiere, ma anche per aver disturbato quello che doveva essere uno dei più bravi allievi del corso e... per la dimenticanza del materiale.
    « E comunque... magari, si trattasse di un dibattito filosofico; rientrerebbe sicuramente di più nelle mie corde. » Già solo da questo era riuscita a comprendere che, in quanto a modo di pensare, erano completamente l'uno l'opposto dell'altra. Poteva essere una considerazione piuttosto superficiale, ma in fondo Scarlett era fatta così: le piaceva sondare le persone in quel modo, attraverso scambi di battute ed opinioni, e non tramite un interrogatorio sugli obbiettivi che ci si è prefissati nella vita, su hobby e quant'altro. Piano piano sarebbero venuti fuori anche quelli. C'era tempo, e lei non aveva assolutamente fretta.
    « Comunque, mi sono resa conto di essere stata piuttosto maleducata...mi chiamo Scarlett, ma gli amici mi chiamano Scar e... » si alza leggermente la maglietta per scoprire parte della pelle nuda del fianco: a rovinare quella pelle chiara e delicata, la cicatrice di quella che, un tempo, era stata una ferita abbastanza profonda. « No, non è solo l'abbreviazione del mio nome. » concluse sorridendo, lasciando ricadere la maglia lungo il fianco. Ormai ha imparato a riderci su, ormai il ricordo di quella cicatrice sembra essere lontano e quasi del tutto inoffensivo, ma questo è quello che lei stessa si è auto-imposta di credere.



     
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    i5O2NAN Quando la vide ridere, come fosse stata una malattia, anche lui espose un timido sorriso. "Le è piaciuta. Anthony ci sai proprio fare con le persone!" « Hey, era solamente una battuta! » Lui continuò a ridere, dandole una piccola spinta. Aveva voglia di toccarla e quella era una scusa perfetta. Si sentiva come in qualche modo attratto da lei. Era molto carina, ma non aveva comunque idea di chi fosse. Ma sembrava come se già la conoscesse.
    « E comunque... magari, si trattasse di un dibattito filosofico; rientrerebbe sicuramente di più nelle mie corde. » Lui si guardò un attimo in giro come se avesse una cosa segreta da dire, poi si avvicinò al suo orecchio e le disse: - Ti svelo un segreto... Anche io preferirei mille volte fare filosofia. Adoro i filosofi, ed'è molto più divertente applicare teorie filosofiche piuttosto che... forumule. Bah. - Si allontanò da lei poi cambiando espressione e diventando più serioso. - Ma devo essere bravo in matematica. Io devo diventare un ingegnere... -

    « Comunque, mi sono resa conto di essere stata piuttosto maleducata...mi chiamo Scarlett, » Lui la guardò sorridendo. Le piaceva davvero come nome, oltretutto era anche decisamente azzeccato pensò. - Non preoccuparti. Alla fin fine non abbiamo avuto tempo di conoscerci... - Disse lui con una risata soffocata. La ragazza poi finì la frase: « ma gli amici mi chiamano Scar e... » Si alzò la maglia. Diventò completamente rosso. Quasi quanto i capelli della ragazza... - No... ma... io... - Soltanto pochi secondi dopo si rese conto di quello che lei effettivamente voleva mostrargli. « No, non è solo l'abbreviazione del mio nome. » Aveva un sorriso amaro sul volto. O meglio, lei mostrava un sorriso, ma negli occhi aveva la tristezza... La sua stessa. Si guardò un secondo in giro. Dopo essersi assicurato che nessuno stesse guardando alzò la manica della maglia. Lì, sulla spalla aveva anche lui una cicatrice. Vi era il logo della famiglia Schnee. Questo aveva dovuto subire dal padre in una delle sue sfuriate. Fece subito riscendere le maniche e mostrò sul suo volto un sguardo che lasciava trasparire ben poche emozioni. - Ti capisco... Tutto qui. - Nel pronunciare quelle parole risetì in testa l'eco delle sgridate di suo padre e delle sue urla di dolore. Iniziò a stringersi involontariamente lo stomaco. Ecco. Gli era tornata la nausea. Come a voler fermare quel flusso negativo di pensieri aggiunse - In ogni caso... Piacere di conoscerti. Sono Anthony... Anthony e basta, anche per gli amici. - Fece un sorriso sarcastico, tentando di nascondere il fatto che non avesse mai avuto realmente un amico. Tanti conoscenti forse, ma mai qualcuno di realmente vicino.



     
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